Pediatria e Ortognatodonzia: necessità di un percorso condiviso nell’interesse del bambino

Cristina Grippando 1, Silvia Porto 2

1 Professore associato, Clinica Odontoiatrica, 2 Medico Frequentatore, Clinica Odontoiatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Il pediatra di famiglia è il punto di riferimento per qualsiasi decisione in merito alla salute dei suoi piccoli assistiti. Per questo i genitori si rivolgono preventivamente al pediatra, che a qualunque altro specialista e quindi al dentista generico o allo specialista in ortognatodonzia, per chiedere consiglio su come affrontare i problemi riguardanti la salute orale dei propri figli. Questo è tanto più vero per le decisioni riguardanti la necessità di iniziare una terapia ortodontica: in questo caso non c’è “dolore” che motivi interventi urgenti, e spesso i segni clinici della malocclusione non sono facilmente rilevabili dai genitori. Ma anche il pediatra di famiglia, nella pratica quotidiana, può trovarsi di fronte a seri dubbi diagnostici e avere delle incertezze nel dare il consiglio giusto ai genitori del piccolo assistito, per i seguenti motivi:
• difficoltà a riconoscere i problemi e la loro gravità, a causa di una carenza nel curriculum formativo dello specialista in pediatria. L’insegnamento di Ortognatodonzia, un tempo presente nel percorso formativo del medico, attualmente è stato eliminato, così come è stato tolto l’insegnamento di Odontoiatria dal percorso formativo degli specializzandi in pediatria. Il pediatra, che abbia sostenuto l’esame di malattie odontostomatologiche durante il corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, sa come affrontare le problematiche più basilari dell’odontoiatria, ma non ha sufficienti strumenti per formulare un appropriato ragionamento diagnostico in caso di malocclusione o alterazione della crescita dei mascellari;
• difficoltà di stabilire il momento più opportuno per iniziare la cura, e dare indicazioni sulla complessità della stessa e quindi sulla durata presunta, quando ravvisa la necessità di intervento con una terapia ortodontica nel soggetto in crescita.
Da queste criticità possono derivare due atteggiamenti contrapposti del pediatra: inviare sempre e comunque tutti i pazienti dall’ortodontista, oppure astenersi da qualunque consiglio.
A questo punto è necessario chiarire meglio il ruolo dell’ortognatodontista. Come figura professionale possono esercitare l’ortognatodonzia tutti i laureati in Odontoiatria e Protesi dentaria e tutti i medici che si siano laureati prima del 1994. Inoltre, alcuni medici e odontoiatri sono specialisti in ortognatodonzia, ed alcuni Odontoiatri hanno frequentato master clinici biennali in ortognatodonzia. Perciò anche la formazione e le competenze, nell’ambito della categoria “ortognatodontisti”, sono molto diverse.
L’ortognatodontista cura le alterazioni dell’occlusione dentale e della crescita dei mascellari. Il suo intervento è molto differente a seconda che il suo paziente sia un soggetto in crescita o a fine crescita. Nel primo caso, condivide i pazienti con il pediatra, e con quest’ultimo ne controlla la crescita somatica, ma l’ortognatodontista ha, inoltre, il compito di monitorare lo sviluppo dell’occlusione dentale. Perciò, mentre il pediatra di famiglia si occupa della salute del bambino nella sua globalità e quindi non solo della diagnosi e cura delle malattie, ma anche della prevenzione, l’ortognatodontista, in stretta collaborazione del pediatra, si occupa dello sviluppo dei rapporti occlusali. In altri termini, il pediatra di famiglia, attraverso il Progetto Salute Infanzia, esegue i c.d. “bilanci di salute”, elemento essenziale per la lettura dello stato di salute di tutti i soggetti in età pediatrica, secondo un ben definito calendario, per cui è noto a tutti quando il bambino debba essere sottoposto alle “visite filtro” anche per comparare i suoi parametri di crescita con gli standard nazionali, mentre all’interno di tale contesto, è meno chiaro quando, e quanto frequentemente, il piccolo paziente debba recarsi dall’ortognatodontista. Inoltre, i bambini hanno più confidenza con il loro pediatra, che conoscono da sempre e vedono con periodicità, che con l’odontoiatra e ortognatodontista, non trascurando il fatto che la visita della bocca, essendo più invasiva, richiede una maggiore collaborazione da parte del piccolo paziente. Da qui la necessità di migliorare il rapporto professionale tra pediatri e ortognatodontisti, per definire e ottimizzare il timing degli interventi mirati alla salvaguardia della salute orale, all’interno del progetto salute infanzia.
In ortognatodonzia il problema della necessità di trattamento è stato affrontato con la costruzione di indici atti a identificare e quantificare la gravità dei problemi sulla base di parametri clinici misurabili. In Tabella I sono riportati alcuni dei principali indici di necessità di trattamento ortodontico. L’applicazione di sistemi semplici ed immediati consente agli operatori sanita
ri, non ortodontisti, di poter, con un buon margine di sicurezza, rilevare e quantificare la gravità della situazione ortodontica dei pazienti. In questo modo è possibile esaminare grandi campioni di popolazione ed organizzare, secondo le necessità reali, l’assistenza pubblica in campo ortodontico. L’indice più appropriato per valutare i problemi ortognatodontici del soggetto in crescita è il ROMA (Risk Of Malocclusion Assessment) index (Grippaudo et Al., 1998), costruito prendendo in considerazione una serie di fattori non esclusivamente dentali che potessero rappresentare dei “fattori di rischio” per il corretto sviluppo oro-facciale del bambino. È importante sottolineare, infatti, che non è possibile adottare per il paziente in età preadolescenziale un approccio di tipo “classificativo” come per il paziente adulto, a causa dell’estrema dinamicità dell’occlusione del soggetto in crescita, su cui agiscono in concomitanza fattori genetici, ambientali, scheletrici, ecc., che in varia misura ed in epoche diverse, possono determinare un cambiamento della valutazione del grado di “necessità di trattamento”.
Tramite questo indice, è stato possibile identificare le cause che provocano il manifestarsi della malocclusione e delle alterazioni dello scheletro cranio-facciale durante lo sviluppo, in una scala che ne stabilisce la gravità; tale indice rappresenta, dunque, una valida traccia al fine di formulare le ipotesi diagnostiche e se guire l’evoluzione della crescita del bambino, per poterlo indirizzare al momento opportuno verso la fase terapeutica. Per l’utilizzazione condivisa dell’indice, è stata costruita una scheda di rilevamento dati che prevede una parte da compilare per il pediatra.

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