La recensione di questo mese

a cura di Alessandro Ballestrazzi

Matteo Lancini

Sii te stesso a modo mio.
Essere adolescenti nell’era della fragilità adulta

Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, Presidente della Fondazione Minotauro di Milano e docente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, affronta in questo denso ma agile saggio il tema della condizione attuale dell’adolescente. 

Fin dal titolo l’autore lancia una provocazione: il vero problema degli adolescenti (anche se non l’unico) sono gli adulti e non tanto per carenze educative o altri problemi di cui è di moda parlare, ma per una fragilità intrinseca della condizione adulta nel mondo di adesso che si stenta a mettere a fuoco nella sua reale portata. 

Secondo Lancini, infatti, si è passati dalla società arcaica, quella dei nostri nonni, basata sulla prevalenza del Super-Io (la lacaniana ‘legge del padre’), normativa e con una rigida separazione tra figli e genitori, alla società narcisistica basata sull’Io in cui genitori e figli diventano alleati e complici in una logica reciproca di valorizzazione del sé come ottimizzazione dell’esistenza, fatto che comunque si scontra con i limiti imposti dal real world e che il bambino sperimenta con l’entrata nell’adolescenza quando scopre di non essere unico e meraviglioso come gli è stato fatto pensare fino a quel momento. 

Ma questa fase dell’evoluzione sociale è nei fatti superata dalla fase attuale, post-narcisistica. In questa fase, resa evidente dallo shock pandemico, la fragilità intrinseca degli adulti con le loro difficoltà relazionali ed esistenziali si scarica sui figli adolescenti secondo la quale le difficoltà dei ragazzi, specchio di quelle degli adulti di riferimento, devono essere risolte a tutti i costi secondo una logica funzionalista per placare le ansie e i timori degli adulti stessi. 

In questo modo, i problemi degli adolescenti e la stessa cognizione del dolore vengono scotomizzati e occultati, si direbbe quasi nascosti sotto il tappeto di una normalità sempre più sfilacciata. Così gli adolescenti, privati letteralmente della voce, non possono che esternalizzare la propria angoscia esistenziale attraverso modalità relazionali estreme, autolesionismo, challenge e attività pericolose e, da ultimo, il pensiero indicibile della morte e del suicidio. 

Memorabili infine e davvero controcorrente le pagine del saggio di Lancini sul rapporto tra adolescenti e digitale. Adulti iperconnessi dalla mattina alla sera, spesso su questioni futili e financo ludiche, pretendono dai figli un’estraneità monastica rispetto alla rete e ai device ai quali, con la complicità della scuola, imputano il loro fallimento educativo invece di interrogarsi sulla necessità di educare i figli a una corretta gestione delle risorse assicurate dal digitale. I figli devono essere appunto sé stessi ma al modo di padri e madri che sé stessi per primi hanno smarrito.

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