APPELLO PER IL DIRITTO ALLA VITA PER I BAMBINI PROFUGHI DA GUERRA, CALAMITÀ, CARESTIA

Giampietro Chiamenti

Presidente Nazionale FIMP

La strada per l’affermazione dei diritti del bambino è stata lunga e resa difficile dalle innumerevoli contingenze storiche e sociali: tuttavia la Convenzione dei diritti del fanciullo di New York del 1989 avrebbe dovuto definitivamente garantire indiscriminatamente a ogni bambino la protezione e la cura di cui necessita.
Quanto si sta oggi verificando appare quasi inverosimile: una grande quantità di migranti con bambini al seguito, compresi minori non accompagnati, fuggendo da guerre e povertà, cercano un futuro più dignitoso e affrontano pericoli estremi, talvolta addirittura la morte, per poi venire rifiutati e cacciati dai paesi cosiddetti “civili”, preoccupati dal fatto che il benessere acquisito nel tempo possa essere messo in tal modo a repentaglio.
Da sempre i pediatri della FIMP, che hanno per mission la salute globale del bambino, si sono interessati ai bambini migranti e hanno cercato di indirizzare le possibili normative a vantaggio dei bambini regolari e irregolari … Il primo appello della FIMP per i minori profughi da guerre, calamità e carestie risale al 2007 con il “Documento di Sabaudia” che richiedeva il riconoscimento del diritto di asilo per i bambini figli di immigrati irregolari. Ci si è battuti per il diritto alla registrazione dei neonati irregolari, per la non segnalazione dei pazienti irregolari, per il superiore interesse del minore nei casi di identificazione di minori non accompagnati, per una tipologia di accoglienza rispettosa dell’infanzia. Si è cercato di sfatare lo stereotipo del migrante “untore” attraverso studi epidemiologici, constatando la prevalenza nei piccoli migranti di malattie derivanti da disagio e povertà piuttosto che infezioni da importazione. Il protocollo di accoglienza per il minore di recente immigrazione ha permesso di allargare in ogni caso la cultura pediatrica su endemie, carenze, malattie genetiche peculiari. Oggi è in atto un’evoluzione dall’etnopediatria alla pediatria transculturale, attenta al multiculturalismo ma facilitante l’integrazione fra tipologie assistenziali e nutrizionali diverse. In anni di ricerche, studio, corsi di formazione, appelli congiunti con altre società scientifiche, ONG, istituzioni, siamo arrivati al riconoscimento per il minore migrante irregolare del diritto alla migliore salute possibile con la possibilità di iscrizione al pediatra di famiglia, garanzia di equità nell’accesso alle cure e alle strategie preventive per tutti i bambini di ogni etnia e di ogni status.

L’ondata migratoria degli ultimi anni probabilmente sarà ricordata come la più numerosa della storia e certamente stiamo vivendo un evento storico epocale. Solo nei primi sei mesi del 2015 circa 450.000 persone hanno attraversato il Mediterraneo nelle condizioni più disparate possibili, con un numero di morti che ormai è diventato impossibile quantificare: siamo di fronte a una vera e propria emergenza umanitaria.
“Bambini e adolescenti costituiscono ormai un quarto di tutti i richiedenti asilo in Europa. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, nei primi sette mesi del 2015 ben 133.000 bambini hanno chiesto asilo nell’Unione Europea, con un incremento di quasi l’80% dal 2014” (UNICEF 22 settembre 2015). L’incalzante diaspora di popolazioni dai focolai di guerra e le tragedie cui assistiamo impotenti ci vedono impegnati oggi da pediatri a rivendicare il diritto alla vita dei bambini profughi e a condannare la discriminazione serpeggiante nei confronti di quanti fra loro fuggono da calamità o carestie, o da altri focolai di violenza e persecuzione etnica.
Se il diritto alla vita non è tutelato ogni altro diritto è annullato.
Come recita la Convenzione dei diritti del fanciullo di New York (1989), ogni bambino per il solo fatto di essere bambino ha diritto a tutte le tutele possibili senza discriminazione alcuna: non possiamo quindi non farci carico di tutti questi minori che arrivano nel nostro territorio e non sentirci responsabili della loro salute, anche se dal punto di vista normativo nessuno ci carica di incombenze specifiche. Un editoriale del Lancet (www.thelancet.com, vol. 386 September 12, 2015) raffronta la situazione attuale a quanto avvenne nella Conferenza Internazionale tenutasi a Evian, in Francia, nel 1938, immediatamente prima che si consumasse la Shoah: in quel frangente storico era stata prospettata la possibilità di accogliere gli ebrei fuori dalla Germania, purtroppo le grandi nazioni risposero in maniera negativa e si verificò l’orrore che tutti conosciamo.
La FIMP ribadendo con forza il ruolo di Child Advocacy dei pediatri convoca tutte le società scientifiche e le istituzioni italiane ed europee a condividere un appello per la tutela del diritto alla vita di ogni bambino:
• ci appelliamo quindi a quanti hanno il potere e la responsabilità di dare risposta ai bisogni ineludibili di questi bambini, perché vengano messe in campo con urgenza azioni concrete per evitare ulteriori insopportabili perdite di minori;
• dichiariamo di essere pronti a offrire il nostro intervento in tutte le forme possibili, come già si sta verificando per esempio a Roma e Milano, in Sicilia e Puglia e come è successo in Ungheria, dove i pediatri delle cure primarie, contravvenendo alla linea politica del loro paese, hanno organizzato una task force di volontari a tutela della salute dei minori e non solo;
• chiediamo un piano di accoglienza con un percorso e una procedura definita per i minori, prevedendo una sorta di tracciabilità per ogni bambino al fine di garantirne il follow-up socio-sanitario.
Sarà quindi necessario tenere alta l’attenzione su quanto sta avvenendo, rispondendo con senso di responsabilità e generosità ai bisogni di questi nuovi bambini che ci troveremo a gestire e che talvolta dovremo anche andare a cercare, perché aldilà dell’ondata emotiva e di ogni facile pietismo, abbiamo chiaro che certe immagini, che pure ci addolorano, si dissolvono nella memoria, ma i bambini che dovremo aiutare a crescere sono singole vite con il pieno diritto di realizzarsi al meglio delle loro possibilità e che potenzialmente saranno gli europei adulti di domani.

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