Ambiente e campi elettromagnetici

Vito Romanelli

Area Ambiente e Salute FIMP

Le ricerche più autorevoli degli studiosi di tematiche ambientali suggeriscono ormai di considerare l’uomo come un vero e proprio sistema comunicativo, aperto e multi-direzionale, in grado, quindi, di determinare continue modifiche dell’ambiente che lo circonda e di esserne a sua volta modificato in maniera costante e dinamica. L’uomo “informa” il suo ambiente e ne viene a sua volta “informato” in modo incessante e sistematico. è molto probabile che un ruolo fondamentale lo giochino in questo senso anche le esposizioni a campi elettromagnetici (CEM), in quanto le onde stesse hanno, a seconda della propria frequenza, differenti capacità di penetrazione in vari tessuti biologici (ossa, cervello, cristallino, midollo spinale, ecc.). I ricercatori internazionali in molteplici studi segnalano significative correlazioni e ipotizzano alterazioni dell’organismo successive all’esposizione, distinguendo però fra esposizioni a RF (radiofrequenze di tv, radio, cellulari) ed esposizioni a ELF (extramely low frequency, diffuse da elettrodotti, forni industriali, ecc.). I danni ipotizzati riguardano il sistema ghiandolare, la sfera riproduttiva e la stessa sfera comportamentale (irritabilità, stanchezza, cefalea). Particolare importanza rivestono le numerose segnalazioni di correlazioni fortemente sospette fra l’esposizione ai campi elettromagnetici ELF e l’insorgere di tumori celebrali e, soprattutto, di leucemie 1. Inoltre, recenti studi “in vitro” sia su cellule animali che su cellule umane (staminali e non) evidenziano chiaramente il verificarsi di veri e propri danni cellulari, a seguito delle esposizioni ai campi elettromagnetici RF, a causa degli effetti termici da essi indotti. Si tratta di importanti alterazioni a carico della membrana cellulare, con danni molecolari che in particolare riguardano l’equilibrio elettrochimico della membrana stessa. Si possono anche creare frequenti danni a carico dello stesso DNA cellulare 2. Succede, infatti, che le stesse cellule non riescano a riparare il danno subito anche se utilizzano quei meccanismi compensatori di cui naturalmente dispongono e che normalmente risultano essere, invece, molto efficaci. Il danno diventa pertanto permanente e, dunque, trasmissibile alle generazioni successive. Le analisi e gli studi riportati in riferimento alle modalità di esposizione ai cellulari indicano che fino anche al 50% dell’energia emanata dagli stessi viene assorbita dalla testa. Nel tempo, opacizzazione del cristallino, acufeni e fosfeni, stanchezza, mal di testa, calo della memoria, aumento della pressione intraoculare, degenerazioni tumorali a carico del nervo acustico, sono stati studiati in correlazione all’esposizione a CEM 3. Sono stati condotti anche studi che studiano la correlazione tra l’esposizione a cem e una riduzione delle capacità e delle funzioni cognitive, in particolare nei bambini, le cui ossa craniche presentano uno spessore minore e, dunque, risultano più vulnerabili alle radiazioni stesse 4. Va inoltre segnalata la maggiore “vivacità” e il maggior grado di attività delle cellule degli organismi dei bambini. L’uso dei cellulari, dunque, va considerato chiaramente tanto più dannoso quanto più bassa è l’età del soggetto esposto alle radiazioni. Il rischio di sviluppare una leucemia infantile acuta si stima essere triplicato nei bambini esposti alle onde elettromagnetiche rispetto a quanti, invece, non siano esposti 5. Il danno correlabile all’uso del telefonino è comunque strettamente connesso ai tempi di utilizzo dello stesso, come del resto è logico attendersi. Le percentuali relative allo sviluppo di patologie severe (in primis tumori del Sistema Nervoso Centrale) aumentano del 20-30% per un’esposizione e un utilizzo continuativo che superi i dieci anni 6. In verità occorre precisare che a partire dal 2013 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lyon ha elevato la classificazione dei campi elettromagnetici a radiofrequenze dalla classe “3” (non cancerogeni) alla classe “2B”, ovvero possibili cancerogeni.

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